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Estratti Biochimica Clinica (Rivista Ufficiale di SIBioC - Medicina di Laboratorio)
Pertosse
Noto anche come: Test della pertosse
Nome ufficiale: Coltura di Bordetella pertussis; Bordetella pertussis Real Time PCR; Anticorpi anti Bordetellapertussis (IgA, IgG, IgM)
Ultima Revisione: 17.04.2020
Ultima Modifica: 05.10.2020
In Sintesi
Perché?
Per diagnosticare (o escludere) un’infezione da Bordetella pertussis, responsabile della pertosse, conosciuta anche come tosse canina o convulsa o tosse dei 100 giorni, e di altre forme non tipiche.
Quando?
- Nel caso siano presenti tosse (con parossismi) persistente, vomito immediatamente dopo l’accesso di tosse e/o ‘grido’ inspiratorio (suono emesso per riprendere fiato dopo gli accessi di tosse) o altri sintomi riconducibili alla pertosse
- Quando, in seguito allo stretto contatto con persone infette (famiglia, scuola, residenze, ecc), compaiono mal di gola, tosse, febbricola, tosse insistente
- Nel caso di tosse spasmodica insistente, soprattutto notturna, in giovani e in adulti
Il campione
- Un tampone nasofaringeo o un aspirato nasale
- Talvolta, un campione di sangue venoso prelevato dal braccio
La preparazione
No, nessuna
L'Esame
La pertosse è un’infezione delle vie respiratorie causata dal batterio Bordetella pertussis, la cui patogenicità è mediata soprattutto da tossine. Questo batterio è altamente contagioso e può essere trasmesso da una persona all’altra tramite goccioline rilasciate con tosse e starnuti. Il test della pertosse viene effettuato per diagnosticare un’infezione causata da B. pertussis. Raramente B. parapertussis, B. holmesii e B. bronchiseptica possono causare forme simili alla pertosse, ma più lievi.
Il tempo che intercorre fra l'esposizione al batterio e la manifestazione dei segni e sintomi (periodo di incubazione) è di circa 8-10 giorni (massimo 21 giorni). In genere B. pertussis causa un’infezione prolungata, suddivisibile in tre fasi:
- La prima fase della malattia, chiamata fase catarrale, dura in genere due settimane ed è caratterizzata da sintomi simili ad un comune raffreddore, quali lacrimazione, febbricola e tosse prevalentemente notturna. I neonati possono sviluppare apnea (assenza temporanea di respirazione) insieme a cianosi (colorazione bluastra della pelle e delle mucose) ed essere più inclini al soffocamento. In questa fase i soggetti risultano estremamente infettanti e l’inizio della terapia è efficace nel ridurre la contagiosità
- La seconda fase viene chiamata fase parossistica e può durare da 1-2 settimane fino a un paio di mesi, con tosse ad accessi, intensa e incontrollabile, con sensazione di soffocamento. La tosse è spesso seguita dal 'grido' inspiratorio e vomito subito dopo l’accesso. Il vomito è molto frequente nei bambini al di sotto di 1 anno di età, in cui la malattia non si presenta generalmente con attacchi di tosse ma con crisi di apnea, in cui il bambino smette di respirare ed è necessario il ricovero in ospedale
- Infine, nella fase di convalescenza, la frequenza dei colpi di tosse comincia a diminuire nel giro di alcune settimane e le condizioni generali migliorano
Il CDC ha reso operativa dal 1/1/2020 la seguente definizione di caso di pertosse, secondo quanto stabilito dal Council of State and Territorial Epidemiologists (CSTE). Tale definizione corrisponde a quella europea dell’ECDC:
In assenza di una diagnosi più probabile, viene posta diagnosi di pertosse quando è presente una tosse che dura da più di due settimane, associata ad uno o più dei seguenti sintomi:
- Accessi di tosse
- “Grido” inspiratorio
- Vomito post-pertussico
- Apnea (con o senza cianosi)
La pertosse può talvolta sfociare in complicanze, più frequenti in soggetti asmatici o affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), che richiedono un ricovero, soprattutto per i bambini; queste includono insufficienza respiratoria, apnea, polmonite, meno frequentemente convulsioni, malattie o danni cerebrali.
La prognosi è particolarmente severa al di sotto del 1° anno di vita (in particolare al di sotto dei 6 mesi), con un tasso di mortalità dello 0,2% nei Paesi sviluppati e fino al 4% nei Paesi in via di sviluppo.
L’adozione della vaccinazione e della terapia antibiotica hanno modificato l’epidemiologia della malattia e la letalità. Nel mondo, dati OMS del 2008 indicano che ogni anno l’infezione da Bordetella pertussis è responsabile di circa 16 milioni di casi di malattia e di 195.000 casi di morte infantile, con il 95% dei casi rilevato nei paesi in via di sviluppo. La pertosse è anche motivo di preoccupazione nei paesi sviluppati (USA, Australia, Europa), dove la malattia, nonostante un’alta copertura vaccinale, è in aumento negli ultimi anni.
Nel 2017 sono stati riportati dall’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) 42.242 casi di pertosse in Europa. I bambini di età inferiore ad 1 anno erano il gruppo di età più rappresentato. L’ECDC segnala che la presentazione clinica della pertosse negli adolescenti e negli adulti può essere atipica o lieve, pertanto potrebbe non essere riconosciuta e rappresentare un rischio per i bambini più piccoli, che non hanno completato il ciclo vaccinale.
In Italia il numero di casi di pertosse è notevolmente diminuito a partire dagli anni 2000, grazie al progressivo aumento delle coperture vaccinali dovuto all’introduzione del vaccino acellulare nel 1996, con una sensibile caduta del carico di malattia nel periodo 2010-2013. L’ incidenza è diminuita da 86.3 per 100.000 nel 1927 a 1 per 100.000 dopo il 2008. Dal 2014 però, anno in cui si è realizzato un calo delle coperture vaccinali, il numero di bambini con età minore di 1 anno ricoverati per pertosse sono aumentati. In Italia l’incidenza della malattia è bassa rispetto a molti paesi europei. Nel 2017 in Italia sono stati segnalati 964 casi. Nel 2019, la copertura vaccinale è risalita: a 24 mesi per i bambini nati nel 2017 è stata del 95,1%.
In USA, a seguito della vaccinazione, i casi riportati si sono gradualmente ridotti costantemente fino al 1976. A partire dal 1980 invece i casi sono aumentati, fino al 2012 (ultimo anno epidemico) in cui sono stati riportati 48.277 casi. Negli anni successivi i casi riportati sono progressivamente calati, fino al 2017 in cui si sono avuti 18.975 casi. Tutti i valori annuali erano comunque molto più alti di quelli osservati negli anni Novanta e inizio anni Duemila.
Una situazione analoga si è osservata in tutto il mondo, a causa di una serie di fattori, che possono aver contribuito all’incremento: immunità vaccinale poco duratura (4-12 anni); vaccini acellulari (introdotti negli anni Novanta) più sicuri ma meno immunogeni rispetto ai vaccini cellulari; migliorata capacità diagnostica e quindi maggior notifica; modifiche molecolari del batterio stesso con comparsa di mutanti resistenti; maggior numero di casi causati da B. parapertussis; ecc.
Il decadimento dell’immunità che si verifica negli adolescenti e negli adulti ha determinato l’aumento dell’incidenza della malattia in queste fasce d’età e, di conseguenza, nei neonati non vaccinati.
Molti adulti, anche se vaccinati, possono sviluppare un'infezione più blanda, con solo tosse persistente, senza la caratteristica tosse parossistica. È probabile che la malattia nei soggetti vaccinati dipenda dalla presenza di nuovi ceppi mutati. Dati riportati in letteratura suggeriscono un'evoluzione di B. pertussis tramite piccole mutazioni e grandi riarrangiamenti genomici, che contribuiscono a conferire al patogeno un forte vantaggio selettivo sia negli ospiti non vaccinati che in quelli vaccinati.
Il test diagnostico della pertosse
La pertosse richiede test di laboratorio per la diagnosi di infezione, perché i sintomi della fase catarrale sono spesso indistinguibili rispetto a quelli di un comune raffreddore o di qualsiasi altra patologia respiratoria, come bronchite, influenza e, nei bambini, infezione da virus respiratorio sinciziale (RSV). Esistono test con diverse caratteristiche, la cui prescrizione è subordinata al periodo di tempo trascorso dalla comparsa dei sintomi:
- Esame colturale: una piccola quantità di campione del paziente viene ‘seminato’ su una piastra di agar selettiva e incubata in atmosfera aerobia e camera umida a 35 - 37° C, senza arricchimento di anidride carbonica. I batteri eventualmente presenti nel campione cresceranno sulla piastra, confermando la presenza di infezione. Possono essere richiesti fino a 10 giorni per la crescita: la probabilità di crescita dei batteri diminuisce se il paziente è stato trattato con antibiotici prima della raccolta del campione. L’identificazione viene condotta sulla base di colorazione di Gram, identificazione biochimica o MALDI-TOF (Matrix-Assisted Laser Desorption/Ionization), agglutinazione su vetrino con sieri anti B. pertussis oppure tramite metodi molecolari. Il test colturale risulta particolarmente utile se eseguito entro le due settimane successive all'insorgenza dei sintomi
- Test molecolare: PCR (reazione a catena della polimerasi) o Real time PCR (qPCR) che rileva la presenza del materiale genetico (DNA) dei batteri in meno di due ore. Questo test può essere applicato dal momento dell'insorgenza dei sintomi fino a circa 3-4 settimane dopo. Si tratta di un metodo più sensibile rispetto al metodo colturale e può essere singolo: ricerca solo la B. pertussis, oppure doppio: ricerca sia la B. pertussis che la B. parapertussis, oppure multiplo e quindi rientra nel pannello dei patogeni respiratori, responsabili di polmoniti gravi. I target genici per la diagnosi differenziale di B. pertussis rispetto ad altre specie del genere Bordetella in real time PCR sono molteplici. La positività per il target IS481, confermato dalla positività per il target ptxA-Pr, è diagnostica per la presenza di B. pertussis
- Test sierologici per la ricerca di anticorpi anti B. pertussis (IgA, IgG, IgM): questi test rilevano la presenza di anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all'infezione da B. pertussis. Il test non è considerato adatto per l'identificazione dell'infezione in atto, in quanto la risposta immunitaria è tardiva. Risulta particolarmente utile se eseguito nelle 3-4 settimane successive all'insorgenza dei sintomi, nei casi clinicamente dubbi ed in corso di epidemie. In accordo con il CDC e il ECDC, i test sierologici possono essere eseguiti dalle 2 alle 8 settimane dopo l'insorgenza della tosse, e in alcuni casi, fino a 12 settimane dopo. Il test sierologico per IgG non deve essere usato per determinare lo stato vaccinale, né in soggetti recentemente vaccinati (bambini da 4 a 7 anni) perché non può distinguere fra risposta immune indotta dalla vaccinazione o da una recente infezione
Come viene raccolto il campione per il test?
La tecnica utilizzata nella raccolta del campione è importante per la tipologia del test eseguito.
Per l’esame colturale o molecolare viene richiesto un tampone naso-faringeo o un aspirato nasale. Per il test anticorpale viene invece richiesto un campione di sangue.
- Il tampone nasofaringeo viene prelevato piegando la testa del paziente all’indietro e inserendo (per 7-9 cm) un tampone (simile ad un lungo cottonfioc con una piccola punta) nelle narici, fino a toccare la parete posteriore del rino-faringe, dove viene lasciato per alcuni secondi e quindi ruotato alcune volte prima di disinserirlo. Non è una procedura dolorosa ma può essere fastidiosa e indurre prurito, lacrimazione e colpi di tosse
- Per l’esecuzione dell’aspirato nasale è possibile utilizzare una siringa, con la quale viene inserita della soluzione salina nel naso del paziente e applicata una leggera aspirazione per recuperare il fluido di lavaggio
Per il test anticorpale viene prelevato un campione di sangue venoso dal braccio
Come e Perchè
Il test della pertosse viene utilizzato per la diagnosi di infezioni causate da Bordetellapertussis. Diagnosi e trattamento precoci consentono di limitare, oltre che la diffusione dell’infezione, anche la gravità dei sintomi.
Domande Frequenti
La pertosse viene curata tramite la somministrazione di una terapia antibiotica, generalmente eritromicina, azitromicina, claritromicina, che possono risolvere l’infezione e limitarne la diffusione. La terapia può essere impiegata come misura preventiva nei soggetti venuti a contatti con persone infette, al fine di ridurre la diffusione dell'infezione.
Pagine Correlate
Fonti
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