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Vaccinazioni tra Vere e False Informazioni

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Fonte immagine: NCI, Rhoda Baer

Ultima Modifica: 16.10.2017

Grazie alle migliorate condizioni sanitarie e alle vaccinazioni, oggi non vediamo più le vaste epidemie con le relative gravi conseguenze che si vedevano in passato.

Raramente sentiamo di qualcuno che ha contratto malattie infettive prevenibili con vaccinazione, e allora ci si chiede perché continuare a vaccinare? Perché batteri e virus esistono ancora e la possibilità che possano diffondersi di nuovo è reale. Questoè già successo in altri paesi, anche europei, dove la presenza di una popolazione non adeguatamente vaccinata ha creato quelle condizioni per cui, ad esempio, il virus che causa la poliomielite ha potuto diffondersi nuovamente. Altre malattie come la meningite sono caratterizzate da una minore infettività, ma la presenza nella popolazione dei germi che le causano mettono a rischio le persone di ammalarsi, con conseguenze molto gravi e talvolta invalidanti.

Nessun vaccino ha un’efficacia del 100%, tuttavia se la percentuale di persone vaccinate supera una certa soglia (che secondo l’OMS è il 95%), i germi hanno maggiori difficoltà a diffondersi da una persona all’altra ed anche i soggetti che non sono ancora stati vaccinati sono indirettamente protetti; questo fenomeno si chiama “immunità di gregge”. Della stessa protezione si giovano anche quelle persone che non possono essere vaccinate perché affette da particolari patologie. In questa prospettiva la vaccinazione rappresenta, oltre che una protezione del singolo, anche un atto di solidarietà e di senso civico che contribuisce a migliorare il livello di salute dell’intera comunità.

Va sottolineato che i vaccini attualmente in uso sono rigorosamente sperimentati e pertanto sicuri ed hanno un rapporto beneficio/rischio molto elevato. Come tutti i farmaci, possono provocare eventi avversi, per lo più lievi. Le reazioni avverse gravi a vaccinazione sono rare e imprevedibili, cioè possono presentarsi anche in adulti e bambini in buona salute. Tutte le reazioni sono oggetto di continua sorveglianza da parte dell'autorità sanitaria europea, nazionale e, in alcune aree, anche regionale al fine di aumentare le nostre conoscenze sul fenomeno e di operare per contrastarlo.

Le preoccupazioni maggiori sono relative alle vaccinazioni cui sottoporre i bambini. Attualmente non vi è alcun esame di laboratorio utile per stabilire se un bimbo abbia un rischio aumentato di reazioni indesiderate dopo la somministrazione del vaccino. La maggior parte delle reazioni sono però prevenibili attraverso una accurata raccolta della “storia sanitaria personale e familiare” del bambino da vaccinare, mirata ad escludere controindicazioni o ad assumere precauzioni al momento della somministrazione del vaccino. Ritardare senza motivazioni serie e documentate l’inizio del ciclo vaccinale significa prolungare il periodo in cui il bambino non è protetto contro malattie che possono essere gravi e che sono frequenti nei primi mesi di vita, come la pertosse e le meningiti.

Dal 2013 le coperture vaccinali nazionali mostrano una progressiva diminuzione, sia per le vaccinazioni obbligatorie (anti-difterica, anti-poliomielite, anti-tetanica, anti-epatite B), sia per alcune delle vaccinazioni raccomandate (ad esempio contro morbillo, rosolia, pertosse) , con il rischio che si instaurino focolai epidemici di malattie attualmente sotto controllo, o addirittura di ricomparsa di malattie non più circolanti nel nostro Paese.

La principale causa del calo delle coperture vaccinali è rappresentata da un’ingiustificata paura delle vaccinazioni, che purtroppo riguarda non solo i genitori, ma talvolta anche gli stessi operatori sanitari e che si basa su convinzioni non fondate su evidenze scientifiche.

Si sostiene erroneamente che l’igiene, una vita sana ed una alimentazione adeguata siano sufficienti a proteggerci dalle malattie infettive, che troppi vaccini somministrati a bambini molto piccoli possano indebolire il loro sistema immunitario, che i vaccini in realtà non servano ma vengano acquistati dallo Stato e somministrati ai bambini per favorire l’industria farmaceutica e che causino malattie gravi come l’autismo o la morte improvvisa in culla (SIDS).

Ad esempio, se è vero che alla nascita e per alcuni mesi il sistema immunitario non è ancora perfettamente maturo, è altrettanto vero che i vaccini sono preparati in modo da attivare la parte già in grado di rispondere adeguatamente.

Inoltre, anche se sembrano tanti, i vaccini si sono molto specializzati ed evoluti nel tempo, così da impegnare solo una minima parte della capacità del nostro sistema di difesa. Ad esempio, il batterio che causa la pertosse possiede più di 3000 sostanze che funzionano da antigeni, mentre il vaccino contro la pertosse ne contiene solo tre e la quantità di antigeni presenti oggi nel vaccino esavalente è venti volte inferiore rispetto a quella del vaccino trivalente somministrato negli anni '80.

Nonostante una lunga serie di evidenze, l’associazione tra autismo e vaccini continua ad essere riproposta nei siti contrari alle vaccinazioni, sulla base di pochi lavori pubblicati su riviste minori che riportano casi aneddotici o distorcono in presunte revisioni i risultati di studi più importanti. L’associazione tra vaccinazioni e autismo è stata proposta alla fine degli anni ‘90 da un medico inglese, AJ Wakefield, che pubblicò il suo studio sulla prestigiosa rivista The Lancet. Lo studio fu già da subito criticato per la metodologia scientifica adottata ed alcuni anni dopo un’inchiesta condotta da un giornalista inglese ha evidenziato come l’autore avesse alterato e falsificato i dati per supportare i risultati della ricerca. Gli altri autori della ricerca ne ritrattarono le conclusioni, la pubblicazione è stata ritirata dalla rivista nel 2010 e Wakefield è stato radiato dall’albo dei medici e non ha più potuto esercitare la professione in Gran Bretagna. Da allora decine di studi, pubblicati anche su riviste molto importanti, hanno presentato dati che smentivano questa associazione. Alcuni studi hanno portato evidenze a sostegno dell’azione di fattori ambientali o genetici che agirebbero prima della nascita, durante lo sviluppo del feto, nel favorire lo sviluppo dell’autismo. Molti altri hanno valutato questa associazione in studi epidemiologici dimostrando l'assenza di nesso tra vaccini ed autismo.

Non vi è spazio in questa pagina per discutere in dettaglio tutti i falsi miti che sono stati oggetto di pubblicazioni e pronunciamenti di esperti della comunità scientifica ed ai quali rimandiamo per approfondimenti.

Qui di seguito si possono trovare i riferimenti a siti o documenti che spiegano dettagliatamente perché, alla luce delle evidenze disponibili, queste affermazioni sono false e che possiamo, anzi dobbiamo, vaccinare i nostri bambini in tutta serenità.


Giovanna Zanoni, Roberta Opri - Immunologia, Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona

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