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Persistenza del rischio di ipercoagulazione in alcuni casi di COVID-19

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Ultima Modifica: 29.06.2021.

I dati epidemiologici raccolti in merito al nuovo ceppo di coronavirus SARS-CoV-2, responsabile della malattia da COVID-19, hanno permesso di desumere importanti informazioni circa gli effetti, sia a breve che a lungo termine, esercitati dalla malattia sull'organismo. Tra questi, è stato comunemente riscontrato l'aumento dei livelli ematici di D-dimero nei pazienti affetti da forme gravi della malattia da COVID-19.

Il D-dimero è uno dei frammenti proteici prodotti in seguito alla degradazione dei coaguli di sangue presenti nell'organismo. Livelli elevati di D-dimero nel sangue possono essere indicativi di una maggiore attività della coagulazione all'interno dell'organismo.

Normalmente, il D-dimero non è rilevabile o è rilevato in basse concentrazioni, che aumentano leggermente con l'avanzare dell'età. Tuttavia, a meno che non vi siano in corso formazione e conseguente degradazione di coaguli, la concentrazione ematica di D-dimero si trova al di sotto del limite inferiore degli intervalli di riferimento specifici per età.

Al contrario, livelli elevati di D-dimero sono indicativi di un'aumentata coagulazione, un processo fisiologico innescato in seguito ad infiammazione e danneggiamento dei vasi sanguigni o dei tessuti. La maggiore attività della coagulazione può portare a complicanze quali trombosi venosa profonda (DVT), embolia polmonare (PE), infarto e ictus. Livelli elevati di D-dimero, come osservato nei soggetti che sviluppano forme gravi della malattia da COVID-19, possono indicare un rischio elevato di sviluppare coaguli di sangue (trombi) e complicanze. Se non rilevata e trattata adeguatamente, la presenza di coaguli contribuisce ad una prognosi sfavorevole e può rivelarsi letale in alcuni casi di forme gravi di COVID-19.

Recentemente, un gruppo di ricercatori ha studiato le sequele cliniche a lungo termine manifestate dai pazienti sopravvissuti a COVID-19, note come Long COVID, e la loro correlazione con la presenza di infiammazione e coagulazione. Alcuni pazienti manifestano sintomi persistenti quali affaticamento, difficoltà respiratorie e debolezza muscolare, anche in seguito alla risoluzione della malattia acuta. Nello studio in oggetto sono stati esaminati 150 pazienti affetti da COVID-19 che sono stati trattati presso il St James's Hospital di Dublino da maggio a settembre 2020 per una media di 80 giorni dal momento della diagnosi. Il report, pubblicato sul Journal of Thrombosis and Haemostasis, ha evidenziato che circa il 25% dei soggetti inclusi nello studio presentavano livelli elevati di D-dimero fino a quattro mesi dopo la diagnosi di COVID-19. In particolare, concentrazioni elevate del frammento proteico sono state riscontrate nei pazienti ricoverati con forma grave della malattia da COVID-19 o con più di 50 anni.

Attualmente, le raccomandazioni suggeriscono di continuare il monitoraggio dei livelli di D-dimero anche dopo la dimissione dall'ospedale, poiché non sono note le tempistiche relative alla persistenza del rischio aumentato di coagulazione né ad un'eventuale risoluzione. Inoltre, è stato ipotizzato che il potenziale aumento del rischio di coagulazione - analogamente alla gravità della malattia da COVID-19 - possa essere esacerbato dalla presenza di altre comorbidità. Alcuni esempi di condizioni cliniche associate includono tumori, traumi quali fratture o interventi chirurgici, malattie autoimmuni ed insufficienza cardiaca.

Ad oggi, non sono noti i meccanismi alla base del frequente riscontro di alti livelli di D-dimero in pazienti affetti da COVID-19, né in particolare della presenza di concentrazioni elevate o persistenti in soggetti con forme gravi della malattia. Gli autori dello studio hanno dichiarato che saranno necessarie ulteriori ricerche per ottenere una migliore comprensione degli effetti del Long COVID. Determinare la causa della permanenza dei livelli elevati di D-dimero potrebbe rivelarsi decisivo per comprendere perché alcuni pazienti sviluppano Long COVID e come intervenire per garantire una gestione e un trattamento più efficaci.

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D-dimero

Fonti

Fonti utilizzate nella revisione corrente

(April 8, 2021) Southall, Jennifer. Elevated D-dimer levels common months after COVID-19 diagnosis. Healio, Hematology/Oncology. Accessed May 1, 2021.  https://www.healio.com/news/hematology-oncology/20210408/elevated-ddimer-levels-common-months-after-covid19-diagnosis

Townsend L, et al. Prolonged elevation of D‐dimer levels in convalescent COVID‐19 patients is independent of the acute phase response. J Thromb Haemost. 2021; doi:10.1111/jth.15267.

(January 29, 2021) COVID-19 and Coagulopathy: Frequently Asked Questions. American Society of Hematology. Accessed May 1, 2021. https://www.hematology.org/covid-19/covid-19-and-coagulopathy

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