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Le troponine cardiache: una “spia” molto specifica e sensibile di danno miocardico

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Ultima Revisione: Ultima Modifica: 17.09.2019.

Le troponine cardiache “I” (cTnI)  e "T” (cTnT) sono proteine miofibrillari della muscolatura cardiaca e scheletrica che intervengono nel fenomeno della contrazione, caratterizzate da una composizione amminoacidica che permette di distinguere in circolo la proteina rilasciata dal muscolo cardiaco da quella proveniente dalla muscolatura scheletrica. Questa peculiare caratteristica biochimica, ha suscitato notevole interesse nel mondo scientifico e cardiologico per la possibilità di sviluppare metodi che misurino specificamente la concentrazione circolante di troponina cardiaca I e T. A partire dagli anni ‘90 vi è stata una continua evoluzione dei metodi di misura applicati alle strumentazioni automatizzate nel laboratorio clinico per poter utilizzare anche in urgenza/emergenza, in presenza di sospetta patologia cardiaca e, in particolare, di sospetto infarto acuto del miocardio (IMA), la determinazione di questa proteina.  Nell’anno 2000, le linee-guida emanate dalle società scientifiche di cardiologia, hanno riconosciuto definitivamente, come “gold standard biochimico” per la diagnosi di IMA, un aumento della concentrazione circolante di troponina cardiaca I o T, caratterizzato da una modalità di rilascio del marcatore con un aumento delle concentrazioni circolanti precoce dopo l’insorgenza del dolore (da pochi minuti a circa 3 ore dopo), un progressivo incremento temporale fino al raggiungimento di un picco di concentrazione (entro 24 ore)  ed una successiva diminuzione raggiungendo le concentrazioni osservate nei soggetti sani dopo 7-10 giorni. Gli algoritmi diagnostici suggeriti prevedono, quindi, che in pazienti che si presentano al pronto soccorso con sintomi e segni clinici suggestivi di ischemia miocardica, vengano effettuati prelievi all’ammissione, dopo 3 ore (in alcune esperienze anche dopo 1 ora) ed, eventualmente, un prelievo successivo a 6 ore. Le cinetiche di rilascio descritte, consentono, anche, di distinguere il danno cardiaco acuto da danni miocardici associati ad altre patologie cardiache quali scompenso cardiaco, miocarditi ed altre patologie nelle quali non è evidente una specifica cinetica di rilascio ma, piuttosto, un aumento costante e di minore entità delle concentrazioni rispetto a quello osservato nel corso di IMA.

Dal punto di vista clinico, questa scoperta biochimica (che risale agli anni ‘80) ed il suo utilizzo nelle patologie associate a danno cardiaco acuto o cronico, ha avuto risvolti molto importanti poiché ha consentito di porre diagnosi precoce di infarto acuto del miocardio soprattutto in pazienti che non presentano evidenti e specifiche alterazioni all’elettrocardiogramma (ECG), la tecnica strumentale maggiormente utilizzata per questa diagnostica in condizioni d’urgenza. L'implementazione di questo esame ha permesso di distinguere nuove condizioni cliniche quali l’infarto NSTEMI (Non-ST-sopraslivellato), che non presenta alterazioni specifiche all’ECG ma la cui gravità e i cui esiti clinici sono totalmente sovrapponibili a quelli dei pazienti con infarto STEMI (ST-sopraslivellato), diagnosticabile anche tramite l'ECG.

L’elevata specificità e sensibilità della determinazione delle troponine cardiache consente, inoltre, di effettuare una diagnosi differenziale tra patologia acuta e cronica oltre che individuare danni di modesta entità in patologie complesse quali diabete, insufficienza renale, scompenso cardiaco, situazioni cliniche che necessitano di trattamenti terapeutici adeguati, rivelandosi utile, inoltre, nel monitoraggio dell'efficacia della terapia e dell’andamento della malattia. Infatti, è stato dimostrato che i pazienti che presentano aumentate concentrazioni circolanti di troponina cardiaca, a prescindere dalla patologia principale di cui soffrono, sono comunque a maggior rischio di eventi cardiaci maggiori e di altri possibili esiti sfavorevoli sia nel breve che nel lungo termine.

 Grazie ai metodi di misura di ultima generazione, chiamati "ad alta sensibilità" (hs-cTn) in quanto misurano, con elevata precisione, anche piccole concentrazioni di troponina cardiaca circolante (dell’ordine dei ng/L) sono stati raggiunti ulteriori ed importanti obiettivi clinici, quali:

  1. Misurare la concentrazione corrispondente al 99° percentile della distribuzione dei valori in una popolazione di soggetti sani, evidenziando valori sesso dipendenti: più bassi nella popolazione femminile che presenta dal punto di vista anatomico una massa cardiaca più piccola.
  2. Diagnosticare l’IMA in una percentuale di pazienti femmine significativamente maggiore rispetto a quella diagnosticata finora utilizzando i marcatori biochimici e le tecniche di indagine strumentale tradizionali. Di conseguenza è aumentato il numero d’infarti del  miocardio diagnosticati nella popolazione femminile (incidenza), un dato epidemiologico di cui finora esistevano scarse evidenze.
  3. Escludere con tempestività, in condizioni d’urgenza, la presenza di una patologia cardiaca acuta (soprattutto IMA) in pazienti che presentano dolore toracico, un sintomo del tutto aspecifico: valori ripetutamente e stabilmente inferiori ai limiti di sensibilità del metodo consentono di escludere con certezza la presenza di un danno acuto orientando il clinico o verso altre indagini o alla dimissione in sicurezza del paziente.

Nell'ambito delle patologie cardiache, le strategie diagnostiche sviluppate grazie alla determinazione delle troponine cardiache consentono, quindi:

  • di accelerare le tempistiche di gestione dei pazienti sia per la diagnosi di patologia ischemica acuta che per l’eventuale esclusione della stessa;
  • d’intraprendere con maggiore tempestività e sicurezza gli interventi terapeutici necessari, grazie all’elevata cardiospecificità del biomarcatore;
  • di ridurre significativamente tempi di attesa ed ammissioni ai reparti di emergenza migliorando l’efficienza globale dell’assistenza.

Martina Zaninotto, UOC Medicina di Laboratorio, Azienda Ospedale- Università, Padova

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Fonti

Fonti utilizzate nella revisione corrente

Thygesen K,  Alpert JS,  Jaffe AS et al (USA) et al. on behalf of the Joint European Society of Cardiology (ESC)/American College of Cardiology (ACC)/ American Heart Association (AHA)/World Heart Federation (WHF) Task Force for the Universal Definition of Myocardial Infarction. Fourth universal definition of myocardial infarction (2018). Eur Heart J 2019;  40: 237-269

Rocco E, La Rosa G,  Liuzzo G,  Biasucci LM. High-sensitivity cardiac troponin assays and acute coronarysyndrome: a matter of sex?J Cardiovasc Med 2019, 20:504–509

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